Valori semantici nella corteccia visiva

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVIII – 25 settembre 2021.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La teoria della fisiologia cerebrale alla base della mente proposta anni fa dal nostro presidente Giuseppe Perrella come ipotesi dei quadri funzionali origina dalla considerazione, in termini evoluzionistici, dell’esposizione del cervello animale ai fattori ambientali che ne determinano lo sviluppo come unità funzionale nel suo insieme. Secondo quella interpretazione, la specializzazione delle singole strutture dell’encefalo non deve essere considerata come una separazione compartimentale ma come una ripartizione elettiva di compiti in un contesto globale. La concezione teorica prevede che nelle reti locali dedicate a un compito specifico, quale può essere l’elaborazione primaria dell’informazione sensoriale visiva, si debbano trovare elementi che ne comprovino il legame con il contesto che si attiva nella filogenesi e nell’ontogenesi durante il funzionamento delle reti neuroniche di questa parte specializzata.

Un segno di questa partecipazione globale può essere costituito dal reperirne una traccia nelle reti visive locali delle memorie associative della specie e dell’individuo fondate sul campionamento percettivo.

Uno studio, condotto da Pieter M. Goltstein e colleghi coordinati da Mark Hübener del Max Planck Institute of Neurobiology di Martinsried, fornisce una prova indiretta di questa concezione dimostrando nella corteccia cerebrale visiva del topo una rappresentazione di elementi percettivi e semantici legati alle categorie visive apprese dall’animale.

L’interesse per i risultati di questo studio va oltre la conoscenza dei processi funzionali propri della corteccia visiva e interessa aspetti più generali della fisiologia cerebrale dei mammiferi.

(Goltstein P. M., et al., Mouse visual cortex areas represent perceptual and semantic features of learned visual categories. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41593-021-00914-5, 2021).

La provenienza degli autori è la seguente: Max Planck Institute of Neurobiology, Martinsried (Germania); Graduate School of Systemic Neurosciences, Ludwig-Maximilians-Universität München, Martinsried (Germania).

Si consiglia, per un’introduzione allo studio della corteccia cerebrale, la lettura di Note e Notizie 27-02-21 Scoperto un neurone che infrange una regola corticale. Ricordiamo qualche nozione di anatomia umana relativa alla parte di corteccia cerebrale specializzata nell’elaborazione delle informazioni provenienti dalla retina e trasmesse dalle vie ottiche al cervello, in quanto la massima espressione delle connessioni presente nella nostra specie rende con evidenza esemplare l’importanza della corteccia visiva nell’organizzazione funzionale del cervello di tutti i mammiferi.

Il lobo occipitale, situato dietro una linea che unisce l’incisura pre-occipitale e il solco parieto-occipitale, comprende pressoché totalmente le aree 17, 18 e 19 della ripartizione topografica corticale di Brodmann. L’area 17, corrispondente alla corteccia striata degli antichi anatomisti, coincide con la corteccia visiva primaria, indicata in fisiologia con V1, e caratterizzata da una corrispondenza punto a punto con la retina, che le è valso l’appellativo di “retina corticale”. Altre importanti aree visive hanno sede nella corteccia occipitale e temporale, e le loro suddivisioni funzionali, cioè V2, V3 (dorsale e ventrale) e V3A corrispondono all’area 18 di Brodmann, detta in passato corteccia visiva secondaria. Al confine della corteccia occipitale con quella dei lobi parietale e temporale si individuano altre aree visive che sono del tutto o in parte incluse nell’area 19.

La corteccia visiva primaria (V1) è principalmente sviluppata sulla faccia mediale del lobo temporale, lungo tutta l’estensione della stria del IV strato corticale descritta da Gennari nel 1776 in quanto visibile a occhio nudo (stria di Gennari)[1], dalla quale deriva l’appellativo di corteccia striata, oggi usato come sinonimo di corteccia visiva, accanto a quello di corteccia granulare occipitale, perché istologicamente quest’area costituisce il prototipo della corteccia granulare.

Il quarto strato della corteccia, contenente la stria, è generalmente suddiviso in tre lamine IV-A, IV-B, IV-C, la quale è a sua volta distinta in una parte superficiale detta α e una parte profonda detta β. Lo strato IV-B si identifica con la stria stessa. IV

Le fibre afferenti a V1 attraverso la radiazione ottica e provenienti dal nucleo del corpo genicolato laterale realizzano una rappresentazione retinica punto a punto, seguendo la nota disposizione alla base della visione binoculare: la corteccia di ciascun emisfero riceve impulsi dalle due emi-retine che costituiscono la metà controlaterale del campo visivo. Un altro contingente di fibre provenienti dal corpo genicolato laterale forma sinapsi sui neuroni dell’area 17 prevalentemente negli strati IV-A e IV-C. Altre fibre provengono dall’interno del talamo[2], ossia dal pulvinar e dai nuclei intralaminari.

L’organizzazione in colonne di dominanza oculari, che presenta uno strato come il IV-C con neuroni monoculari e altri strati con neuroni binoculari, è così complessa e interessante da assorbire in genere tutta l’attenzione e far dimenticare che, al di là degli straordinari dispositivi neuronici che consentono la visione, questo territorio corticale presenta un’abbondanza di connessioni con le reti circostanti e con i sistemi globali che distribuiscono informazioni locali a tutto l’encefalo. Si pensi alle due formazioni del cuneo e del precuneo, interposte tra i circuiti neuronici occipitali e parietali.

Il cuneo appare come un lobulo all’interno del lobo occipitale, visibile sulla faccia mediale al di sopra dell’area visiva, incuneato tra le scissure calcarina e parieto-occipitale. Il precuneo, detto anche lobulo quadrilatero per la sua forma, è posto davanti al cuneo e dietro il lobulo paracentrale. Le fitte connessioni di queste due formazioni intervengono nell’integrazione e nella modulazione delle informazioni in uscita dalle aree sensoriali della visione per tutte quelle funzioni svolte da reti dei lobi parietali che richiedono controllo o correzione visiva.

Le aree sensoriali del cervello, come quelle visive, prendono parte a grandi reti distribuite di elaborazione in parallelo di informazioni, ma la ricerca finalizzata a decodificare i ruoli di ogni connessione funzionale è solo agli inizi.

Le memorie associative sono immagazzinate in queste reti che interessano tante regioni cerebrali, ma non è chiaro quanto e come le aree sensoriali partecipino a questi grandi sistemi di collegamento per contribuire all’apprendimento associativo. Pieter M. Goltstein e colleghi, impiegando un paradigma per l’apprendimento nel topo di categorie visive, hanno indagato se gli elementi percettivi e semantici delle associazioni di categorie apprese sono già rappresentate ai primi stadi dell’elaborazione dell’informazione visiva nella neocorteccia murina.

Nella sperimentazione i topi imparavano a categorizzare gli stimoli visivi, discriminando tra le categorie e generalizzando all’interno della singola categoria.

Gli esperimenti di inattivazione hanno mostrato che le prestazioni di categorizzazione erano coincidenti con l’attività neuronica della corteccia visiva. L’imaging del calcio a lungo termine in nove aree differenti della corteccia visiva ha identificato cambiamenti nel tuning degli elementi e nel tuning delle categorie, che si verificavano durante questo processo di apprendimento, in modo assolutamente prevalente nell’area post-rinale (POR).

Questi risultati forniscono evidenze a supporto della tesi secondo cui le memorie associative formano una rete distribuita a tutto il cervello, con l’apprendimento negli stadi iniziali che dà forma alle rappresentazioni percettive e supporta il contenuto semantico dell’elaborazione a valle.

In altri termini, le prime fasi di elaborazione delle informazioni arrivate alla corteccia visiva dalla retina contengono già gli elementi semantici che saranno espressi nei successivi passaggi attraverso la grande rete distribuita.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-25 settembre 2021

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] La descrizione della stria, riconosciuta poi da Vicq d’Azyr (1786) e da Sömmering (1788) e infine riportata alla stria meno visibile presente in molte altre aree corticali (stria di Baillarger, 1847) fu pubblicata da Francesco Maria Lorenzo Gennari nel De peculiari struttura cerebri […], Parma 1782.

[2] A rigore, i corpi genicolati costituiscono il “metatalamo”, anche se gli autori americani li considerano parte del talamo.